Nota per intervenire in numerose funzioni dell'organismo, la vitamina D potrebbe essere un elemento chiave nell'ambito di alcuni trattamenti. Comunque è ciò che rivela uno studio pubblicato nel mese di marzo del 2017 nella rivista Alimentary Pharmacology and Therapeutics (1). Alcuni ricercatori hanno scoperto che la mancanza di vitamina D potrebbe ridurre l'efficacia di alcuni trattamenti antinfiammatori. Risultati ottenuti nel caso di malattie infiammatorie croniche intestinali Questo studio è stato condotto su pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), tra cui le più note sono il morbo di Crohn e la rettocolite emorragica. Queste ultime interessano più frequentemente i giovani di età compresa tra i 20 e i 30 anni e sono caratterizzate da un'infiammazione della parete di un segmento del tubo digerente. Lottare contro queste patologie è una grande sfida dato che si sa che stanno diventando sempre più frequenti negli ultimi anni a causa della massiccia industrializzazione (2). Inoltre, queste malattie vengono considerate, ad oggi, incurabili a causa di un'errata comprensione dei meccanismi di azione coinvolti nella comparsa di queste infiammazioni. Al momento sono disponibili solamente dei trattamenti per ridurre i sintomi e per migliorare la vita dei pazienti. Questo perchè non sono entrate nel protocollo medico alimentazioni come la Dieta Paleo Autoimmune (AIP) e alte dosi di Vitamina D, che in realtà hanno dimostrato risultati straordinari nel 90% dei casi. Questo è il motivo per cui numerosi ricercatori stanno cercando di comprendere meglio queste malattie e di migliorare i trattamenti disponibili. Questo nuovo studio potrebbe quindi contribuire ad aumentare le possibilità di recupero dei pazienti affetti da MICI. L'impatto di un basso livello di vitamina D sui trattamenti anti-TNF-alfa Nel corso degli studi, i ricercatori sono partiti dall'ipotesi che i livelli di vitamina D potrebbero avere un impatto sulle possibilità di recupero dei pazienti affetti da MICI. Si sono interessati in modo particolare ad alcuni pazienti che erano stati sottoposti a un trattamento anti-TNF-alfa (anti-TNF-α), una soluzione spesso raccomandata nelle forme più gravi. Per questo, il gruppo di ricerca ha analizzato e confrontato i dati raccolti su 521 pazienti affetti da MICI all'interno del Brigham and Women’s Center. Tra questi dati, hanno preso in considerazione soprattutto l'età e il sesso dei pazienti, la diagnosi di MICI, il tipo di trattamento anti-TNF-α, nonché i livelli di vitamina D dei pazienti durante il trattamento. Al termine degli studi, i ricercatori hanno riscontrato che i pazienti i cui livelli di vitamina D erano normali avevano reagito più rapidamente al trattamento anti-TNF-α rispetto ai pazienti con bassi livelli di vitamina D. Il livello di vitamina D ha così coinvolto le possibilità di recupero dei pazienti. Questi nuovi risultati suggeriscono che un'integrazione con vitamina D potrebbe avere un interesse terapeutico per migliorare l'efficacia di alcuni trattamenti antinfiammatori. Inoltre, questo studio ricorda l'importanza di mantenere dei livelli adeguati di vitamina D all'interno dell'organismo. Per questo, è stato sviluppato un integratore alimentare di vitamina D per un'integrazione adatta alle esigenze individuali: "Savana 3D Raw" > Bibliografia: 1. R. W. Winter, E. Collins, B. Cao, M. Carrellas, A. M. Crowell, J. R. Korzenik, Higher 25-hydroxyvitamin D levels are associated with greater odds of remission with anti-tumour necrosis factor-α medications among patients with inflammatory bowel diseases, Alimentary Pharmacologie and Therapeutics, Volume 45, Issue 5, March 2017, Pages 653–659. 2. Inserm, Maladies inflammatoires chroniques de l’intestin (MICI), Dossier réalisé en collaboration avec Pierre Desreumaux, Lille – février 2016.
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La vitamina D e un elevato apporto di proteine migliorano la massa muscolare negli over 5016/2/2017 La sarcopenia è una patologia caratterizzata da una progressiva perdita di massa muscolare e di forza, considerata normale nell' invecchiamento. Questo progressivo declino inizia in genere intorno all'età di 50 anni, con una diminuzione del 1-2% della massa muscolare all'anno. Gli individui con sarcopenia sono ad aumentato rischio di malattie croniche e sperimentano un aumento del tasso di ricoveri ospedalieri e ricoveri nella case di cura. Anche se diversi fattori contribuiscono allo sviluppo di sarcopenia, un inadeguato apporto di proteine di alta qualità e bassi livelli di vitamina D sono importanti fattori di rischio modificabili. La ricerca suggerisce che le proteine isolate del latte sono utili per migliorare la sintesi proteica muscolare (MPS) tra gli adulti più anziani. L' MPS è un processo responsabile del mantenimento e aumento della la massa muscolare. Inoltre, la ricerca ha dimostrato che la leucina, un aminoacido essenziale, può ulteriormente stimolare l' MPS quando assunto insieme a una fonte proteica di alta qualità. La vitamina D svolge un ruolo fondamentale nel migliorare la forza muscolare e, come proteina del siero, ha dimostrato di aumentare il tasso di MPS. Inoltre la ricerca ha comprovato la vitamina D aumenta le dimensioni delle fibre a contrazione rapida (cioè quelle "bianche", tendenti più a crescere di volume) e riduce l'infiammazione muscolare. Uno studio E' stato anche provato che l'integrazione negli individui obesi più anziani, una combinazione di proteine del siero e vitamina D, diminuisce il rischio di sviluppare sarcopenia durante la perdita di peso controllata. Nel corso degli anni, i ricercatori hanno tentato di fornire interventi nutrizionali per il trattamento della sarcopenia, compreso l'uso di una combinazione di vitamina D e proteine di alta qualità. Tuttavia, i risultati sono stati contrastanti. Ciò può essere dovuto alla variabilità del dosaggio della vitamina D, qualità delle proteine disponibili e la composizione delle diete utilizzate negli interventi. I ricercatori hanno recentemente ipotizzato che queste variazioni nutrizionali e dei micronutrienti può influenzare il successo della somministrazione della vitamina D/proteine siero per il trattamento della sarcopenia. I ricercatori hanno condotto uno studio utilizzando i dati di una altra ricerca (PROVIDE study), controllato in doppio cieco randomizzato, che ha confrontato gli effetti di una vitamina D a 800 UI e bevande proteiche del siero arricchite con leucina e un gruppo di controllo placebo, su 380 adulti più anziani con sarcopenia. Questo studio ha comprovato che coloro che hanno ricevuto la bevanda arricchita per tutta la durata 13 settimane dello studio ha guadagnato massa muscolare e ha avuto un miglioramento della funzione delle gambe rispetto ai controlli placebo. I ricercatori del nuovo studio hanno valutato il livello sierico basale di 25 (OH) (cioè di vitamina D) e assunzione della quantità di proteine nella dieta dei partecipanti dello studio. Ecco cosa hanno scoperto:
I ricercatori hanno concluso: "I Partecipanti con sarcopenia possono avere bisogno di livelli sierici di 25 (OH), cioè la concentrazione di Vitamina D superiori a 50 nmol / L e un apporto piuttosto elevato proteine alimentari (> 1 g / kg di peso corporeo / giorno) al fine di sperimentare aumento della massa muscolare significativa a lungo termine. " Se il vostro obiettivo è quello di mantenere le prestazioni atletiche ottimali, o trattare la perdita di muscolo a causa di complicazioni di invecchiamento o di salute, la ricerca suggerisce che una combinazione di proteine isolate, leucina e supplementazione di vitamina sono cruciali componenti nutrizionali per soddisfare le vostre esigenze. Le proteine isolate non contengono latte, perchè appunto sono state isolate dalla parte con caseine, siero e altri agenti dannosi e quindi possono essere paleo-compatibili. Il dosaggio consigliato per ottenere questi benefici è di 10.000 UI al giorno fino ad arrivare almeno a 50 ng/ml (meglio 75-80) e mantenerli tutta la vita, facendo delle analisi ogni 2-3 mesi per tenere sotto i controllo i valori. VitaminaD3Italia consiglia la Vitamina D3 "Savana D3 Raw" della GeoPaleoDiet Integratori, perchè purissima e immersa in olio d' oliva extravergine biologico. Bibliografia:
Un recente studio della rivista American Journal of Orthopedics ha dimostrato che bassi livelli di vitamina D sono molto frequenti nei pazienti con frattura, indipendentemente dal sesso e dall'età. Un recente studio dell' American Journal of Orthopedics ha comprovato che quando ci sono dei deficit o insufficienza vitaminica il rischio complessivo totale di fratture si attesta intorno al 77%, a fronte di un 39% di pazienti affetti solo da deficit vitaminico. Tra l' altro il deficit di vitamina D è una molecola che contribuisce allo sviluppo di problematiche muscolo-scheletriche e anche al diabete, cancro, malattie cardiovascolari e autoimmuni. La miastenia gravis è una malattia neuromuscolare caratterizzata da debolezza muscolare fluttuante e affaticabilità e gli autori della review sottolineano che già altri studi abbiano dimostrato l'esistenza di forti correlazioni tra il deficit vitaminico D e la miastenia, oltre all' insorgenza di fratture di fragilità e di fratture non consolidate. “Nonostante i noti effetti negativi del deficit vitaminico D sulla salute muscolo-scheletrica e quella generale – aggiungono gli autori dello studio – i dati esistenti in letteratura documentano come la prevalenza di questa condizione carenziale sia sorprendentemente elevata”. “E' risaputo che il deficit vitaminico D si associa con l'avanzare dell'età cronologica; eppure – sottolineano i ricercatori – recenti studi hanno documentato tassi allarmanti di deficit vitaminico D anche in popolazione relativamente più giovani”. Obiettivo di questa review, pertanto, è stato quello di recensire retrospettivamente la prevalenza di deficit e di insufficienza vitaminica D in un'ampia popolazione di pazienti con trauma ortopedico. A tal scopo, è stato preso in considerazione un campione di 889 pazienti (487 di sesso femminile, 402 di sesso maschile, aventi un'età media di 53,8 anni), in cura presso centri traumatologici per frattura tra il 2009 e il 2010. In questa rassegna di studi, la condizione di deficit vitaminico D era definita da livelli ematici di vitamina D (25-OH) pari o inferiori a 20 ng/mL, mentre quella di insufficienza vitaminica da livelli ematici compresi tra 21 e 32 ng/mL. I ricercatori hanno osservato la mancanza, nel campione considerato, di differenze significative in base all'età e al sesso: il 77,39% dei pazienti del campione soddisfaceva i criteri di deficit o di insufficienza vitaminica D, a fronte di un 39,03% di pazienti in condizione di solo deficit vitaminico accertato. Tali risultati sono risultati sovrapponibili a quelli ottenuti in uno studio precedente la pubblicazione di questa review, della durata di 6 mesi, nel corso del quale i valori di deficit e di insufficienza vitaminica D erano stati documentati in una percentuale di pazienti pari al 60%. I pazienti più giovani mostrano una minore prevalenza delle condizioni di deficit e di insufficienza vitaminica D (29,1% e 54,7%, rispettivamente). Tuttavia, quando questi dati di prevalenza erano confrontati con quelli ottenuti i pazienti di età compresa tra i 36 e i 65 anni, le differenze non raggiungevano la significatività statistica. Le donne di età compresa tra i 18 e i 25 anni hanno presentato tassi più ridotti, rispettivamente, di deficit vitaminico (25%) e di insufficienza vitaminica (41,7%) rispetto a quelle di età maggiore. Anche in questo caso, però, le differenze non sono risultate statisticamente significative. Risultati simili si sono avuti anche per i pazienti di sesso maschile. Altri studi, tuttavia, avevano documentato bassi livelli di vitamina D nelle persone più giovani – fino al 52% dei casi negli adolescenti neri e ispanici, stando ai risultati di un lavoro recensito dai ricercatori. I ricercatori non hanno documentato, inoltre, l'esistenza di differenze stagionali in termini di prevalenza di frattura (spiegabili con la mancata produzione cutanea di vitamina D, tipica dei mesi invernali). Nel commentare i risultati, gli autori della review hanno evidenziato alcuni limiti intrinseci dello studio, quali la natura retrospettiva e l'esistenza di un possibile bias ( distorsione: è un errore sistematico presente in uno studio che si ripercuote sui suoi risultati determinando uno scarto tra risultati ottenuti e quelli che si sarebbero dovuti ottenere in assenza di bias n.d.r.) di selezione dei pazienti. Il lavoro comunque dimostra come la prevalenza di condizioni carenziali di vitamina D (deficit e insufficienza) sia elevata in pazienti con trauma ortopedico. Sono necessari, ora, ulteriori studi che siano in grado di spiegare la relazione esistente tra bassi livelli di vitamina D e rischio di complicanze da frattura. “Il nostro obiettivo – spiegano i ricercatori nelle conclusioni dello studio - era quello di aumentare, nei chirurghi ortopedici, la consapevolezza sul problema della carenza vitaminica D dei pazienti fratturati e sulla necessità di trattare l'ipovitaminosi D”. “Il fine ultimo, – concludono – posto che vi sia una correlazione diretta prospettica tra l'ipovitaminosi D e le complicanze di frattura, sarà quello di sviluppare strategie di traduzione che possano ridurre efficacemente la prevalenza dell'ipovitaminosi D”. Bibliografia Hood MA et al. Prevalence of Low Vitamin D Levels in Patients With Orthopedic Trauma. Am J Orthop (Belle Mead NJ). 2016 Nov/Dec;45(7):E522-E526. |
Claudio tozziPionere della Paleo diet e esperto in Vitamina D per lo sport e la salute Archivi
Maggio 2019
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