La forma attiva di vitamina D può modulare l'attività delle cellule immunitarie e prevenire le reazioni autoimmuni note per essere coinvolte in diverse malattie umane come la sclerosi multipla (SM), Psoriasi, Artrite reumatoide, Sclerodermia, Lupus, ecc. Uno studio con questa scoperta, condotto da ricercatori dell'Università di Edimburgo in Scozia, rivela un nuovo livello di conoscenza che può aiutare a capire meglio il ruolo della vitamina D nella salute e nelle malattie umane. Lo studio* è stato pubblicato sulla rivista "Frontiers in Immunology". "Avere la vitamina D bassa è da tempo implicato come un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di diverse malattie autoimmuni", ha detto Richard Mellanby, PhD, in un comunicato stampa. Mellanby è il ricercatore principale presso il Centro per la ricerca sull'infiammazione dell'Università di Edimburgo, e autore principale dello studio, "Il nostro studio rivela un modo in cui i metaboliti della vitamina D possono influenzare notevolmente il sistema immunitario", ha detto Mellanby. Il sistema immunitario umano si basa su complesse interazioni tra diversi gruppi di cellule, al fine di ottenere il miglior scudo protettivo contro le minacce, preservando al contempo le cellule e i tessuti sani del corpo. Un passo importante di questo processo è la maturazione delle cellule T immunitarie, che sono le principali cellule immunitarie attive responsabili di rilevare e distruggere tutto ciò che può mettere in pericolo il corpo. Le cellule T devono imparare ciò che può rappresentare una minaccia e ciò che appartiene al corpo, e per questo si basano su un altro gruppo di cellule "didattiche" chiamate cellule dendritiche. Quando questo processo viene alterato, le cellule T possono iniziare a bersagliare l'ambiente circostante in modo indiscriminato, promuovendo danni alle cellule del corpo e portando allo sviluppo di malattie autoimmuni. I ricercatori hanno scoperto che una forma attiva di vitamina D, chiamata 1,25-diidrossivitamina D3, può anche contribuire a questo processo di insegnamento delle cellule T. Le cellule della maggioranza dei tessuti posseggono un recettore per la vitamina D e che gran parte di esse possiede il complesso macchinario enzimatico per convertire la 25-idrossivitamina D circolante, nelle forma attiva, cioè proprio nell'1,25 diidrossivitamina D. Questo metabolita della vitamina D può rimodellare il profilo genetico delle cellule dendritiche, promuovendo la presenza del recettore di superficie CD31. Quando i livelli di CD31 sono aumentati, le cellule dendritiche non sono state in grado di supportare l'attivazione delle cellule T. Al contrario, quando i ricercatori hanno manipolato geneticamente le cellule dendritiche per carenza di CD31, queste cellule hanno avuto un maggiore potenziale di attivazione delle cellule T. Il team ha anche scoperto che CD31 aveva questo effetto inibitorio prevenendo il contatto prolungato tra le cellule dendritiche e le cellule T, sia nelle cellule umane che in quelle derivate dal topo. "L'esposizione delle cellule dendritiche del midollo osseo (BMDC) durante lo sviluppo alla 1,25-diidrossivitamina D3 è fondamentale nella sovraregolazione dei percorsi inibitori che frenano ulteriormente la capacità del BMDC di innescare [attivare] le cellule T", hanno scritto i ricercatori. Nel complesso, i risultati suggeriscono che in presenza di questo metabolita attivo della vitamina D, le cellule dendritiche possono mantenere uno stato più tollerante e successivamente sopprimere le reazioni autoimmuni mediate da cellule T. Questo studio conferma uno studio** pilota della Johns Hopkins University School of Medicine, pubblicato su 'Neurology' nel 2015. In questo studio 40 persone con sclerosi multipla recidivante-remittente (Smrr), hanno assunto 10.400 oppure 800 unità internazionali (UI) di integratori di vitamina D al giorno per sei mesi. I pazienti con grave carenza di vitamina D non sono stati inclusi nello studio. L'attuale dose giornaliera raccomandata di vitamina D è di 600 unità internazionali, normalmente consigliata (nel 90% dei casi) in 25.000 UI ogni 15-30 giorni, ma a alla luce di questi nuovi studi potrebbe essere totalmente insufficiente. Gli esami del sangue all'inizio dello studio e di nuovo a tre e sei mesi hanno registrato la quantità di vitamina D nel sangue e la risposta delle cellule T del sistema immunitario, che svolgono un ruolo chiave nei meccanismi della sclerosi multipla. Insomma, chi aveva preso una dose elevata di vitamina D e cioè 10.400 UI ha raggiunto l'obiettivo, ovvero una riduzione della percentuale di cellule T infiammatorie legate alla malattia, mentre il gruppo che ha preso un basso dosaggio non l'ha raggiunto. A questo punto appare evidente che la supplementazione di alte dosi di vitamina D in caso di malattie autoimmuni appare una prospettiva molto interessante e che dovrebbe diventare di routine. Un prodotto a base di vitamina D può essere "Savana D3 Raw" Bibliografia: - * Front. Immunol., 28 March 2019 1,25-Dihydroxyvitamin D3 Restrains CD4+ T Cell Priming Ability of CD11c+ Dendritic Cells by Upregulating Expression of CD31 Louise Saul1†, Iris Mair1†, Alasdair Ivens2, Pamela Brown3, Kay Samuel4, John D. M. Campbell4, Daniel Y. Soong5, Nadine Kamenjarin1 and Richard J. Mellanby1,6* -** Neurology. 2016 Jan 26;86(4):382-90. doi: 10.1212/WNL.0000000000002316. Epub 2015 Dec 30. Safety and immunologic effects of high- vs low-dose cholecalciferol in multiple sclerosis.Sotirchos ES1, Bhargava P1, Eckstein C1, Van Haren K1, Baynes M1, Ntranos A1, Gocke A1, Steinman L1, Mowry EM1, Calabresi PA2.
2 Comments
Due studi molto interessanti sono stati pubblicati su Journal of American Medical Association (JAMA): il SUNSHINE e l’AMATERASU. Confermano il potenziale utilizzo della vitamina D nei pazienti con tumori del colon retto e altre neoplasie gastrointestinali. Tempo fa un inchiesta di Report fece vedere uno studio di Jama sulla Vitamina D in cui le conclusioni erano, essenzialmente, che non servisse praticamente a nulla.
Si vede che ci hanno ripensato, perchè quelli della rivista scientifica americana hanno invece pubblicato due studi sulla Vitamina del sole e i risultati sono veramente promettenti. Nell’arco degli ultimi 30 anni sono stati condotti molti studi volti ad esplorare il ruolo dei supplementi nutrizionali come beta carotene (precursore vitamina A), Vitamina C, Vitamina E, selenio, acido folico nella prevenzione dei tumori. Purtroppo nessuno dei trial clinici effettuati (la maggior parte ha interessato il colon retto) ha dimostrato un’efficacia di questi supplementi nella prevenzione del cancro. Più di recente l’attenzione della comunità scientifica si è appuntata sulla vitamina D, dopo che gli studi osservazionali avevano rivelato che elevati livelli circolanti di vitamina D sono inversamente correlati con il rischio di cancro del colon retto. In pratica più sono bassi i livelli di Vitamina D più è alto il rischio di cancro al colon-retto Su JAMA Elizabeth Barry e colleghi hanno scritto che elevati livelli circolanti di vitamina D potrebbero rappresentare solo un biomarcatore di buona salute in generale e non avere necessariamente un ruolo causale nella prevenzione dei tumori. Ma lo stesso JAMA ha condotto due studi: 1) Lo SUNSHINE, condotto su un gruppo di pazienti nord americani con tumore del colon retto in fase avanzata o metastatica 2) L’AMATERASU, condotto su pazienti giapponesi con tumori gastro-intestinali luminali. I risultati di entrambi questi trial sono interessanti. Il SUNSHINE, uno studio a cura del Cancer Institute di Boston, Usa, ha valutato gli effetti dell' integrazione di vitamina D3 in aggiunta alla chemioterapia standard in 139 pazienti con tumore del colon retto avanzato o metastatico ed ha confrontato vitamina D ad alte dosi (8.000 UI/die per 2 settimane, poi 4.000 UI/die), con un dosaggio standard di vitamina D3 (400 UI/die). Il gruppo supplementato con alte dosi di vitamina D3 ha riportato una sopravvivenza libera da progressione di malattia superiore di 2 mesi rispetto all’altro gruppo (13 mesi contro 11). Inoltre, i pazienti a cui era stata data la vitamina D con alte dosi in un periodo di monitoraggio di 22,9 mesi hanno presentato un minor tasso di progressione di malattia o di mortalità (rischio ridotto del 36%). Non ci sarebbero tuttavia vantaggi sulla sopravvivenza globale. Lo studio AMATERASU dell' University School of Medicine di Tokyo, Giappone, condotto in Giappone su 417 pazienti affetti da tumori gastro-intestinali di stadio I-III (48% colon-retto, 42% stomaco, 10% esofago), sottoposti ad intervento chirurgico con resezione completa del tumore, sono stati randomizzati ad una supplementazione di vitamina D3 (2.000 UI/die) o placebo. Da considerare che in questo caso il dosaggio di vitamina D è veramente basso. Nel corso di un monitoraggio di 3,5 anni, la supplementazione di vitamina D3 non ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza libera da recidive. Ma un’analisi post hoc, aggiustata per l’età, ha rivelato un beneficio statisticamente significativo, pur un con un integrazione di vitamina D molto bassa e molto probabilmente insufficiente. Anche in questo studio non sono tuttavia emersi benefici sulla sopravvivenza globale. Andando ad analizzare più in dettaglio la popolazione studiata, emerge un maggior effetto protettivo della vitamina D3 rispetto al prolungamento della sopravvivenza libera da progressione di malattia nei soggetti con indice di massa corporea più basso, con più siti interessati da metastasi o con tumori KRAS wild type (studio SUNSHINE). “Si può essere tentati – scrivono gli editorialisti – di interpretare i risultati preliminari rispetto alle recidive e alla sopravvivenza libera da progressione di malattia come effetti anti-tumorali specifici della supplementazione con vitamina D3. Tuttavia, alti livelli di vitamina D sono risultati associati a mortalità e morbilità (cioè periodi in cui si è malati) sostanzialmente ridotta tra i pazienti ricoverati per una serie di patologie non tumorali ,oltre che per cancro. Dunque, i risultati di questi 2 studi, potrebbero riflettere degli effetti biologici più ampi della vitamina D”. Questi interessanti studi, pubblicati peraltro in una rivista storicamente "avversa" alla vitamina D, dimostrano (qualora ce ne fosse ancora bisogno) le eccezionali peculiarità di questa sostanza, efficace, sicura e senza senza alcun effetto collaterale. La vitamina D va assunta in olio di oliva come Savana D3 Raw, perchè i prodotti in olio di semi di girasole provocano infiammazione e deprime il sistema immunitario. |
Claudio tozziPionere della Paleo diet e esperto in Vitamina D per lo sport e la salute Archivi
Maggio 2019
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